Fortezza Trecentesca e Porta al Cassero

La fortezza di Montalcino è una roccaforte di pianta approssimativamente pentagonale munita di una torre ad ogni angolo, situata nella parte meridionale del paese di Montalcino.

Fortezza Trecentesca e Porta al Cassero
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Descrizione

Salendo per le curve che portano in cima alla collina è di sicuro la Fortezza trecentesca a suscitare su chi arriva l’impatto maggiore; una fortificazione ancora del tutto integra che sovrasta l’abitato e che lascia da subito intendere la connotazione urbanistica di Montalcino; una cittadina medievale di impianto militare, che per la sua posizione alta e isolata, compresa tra le valli dei fiumi Orcia e Om­brone, fu ambita come presidio strategico-militare dagli etruschi prima, dai fiorentini e dai senesi poi.

PORTA AL CASSERO, è una porta della cinta muraria, le cui prime fondamenta risalgono al XII secolo.

la FORTEZZA, grandiosa opera militare, ha difeso la città dagli assedi di eserciti potenti e di truppe mercenarie. I lavori di costruzione, voluti da Siena, cominciarono nel 1361. Situata sul poggio del Barlanzone, la rocca si mostra subito al visitatore severa padrona della città. Dalla roccia emergono le forti mura trecentesche che delimitano un’area di circa 8.000 metri quadrati. Da una bellissima rampa in pietra si accede all’interno. La porta, sormontata da un arco gotico, è protetta da caditoie difensive. Si tratta di sporgenze architettoniche tipiche delle opere militari. Venivano utilizzate per gettare ai nemici olio e pece bollenti. Il portone in legno fu inserito nel 1941 in occasione delle riprese del film “La Pia dei Tolomei”.

Varcata la soglia d’ingresso si apre a pianta pentagonale un ampio spazio libero, delimitato e protetto dalle mura e dalle torri poste agli angoli del pentagono. All’interno del piazzale si trova ciò che rimane dell’antica chiesa di Sant’Egidio abate. Per volere del Ca­pitano della guarnigione, la navata laterale divenne cappella. Una porta collega la chiesa al torrione sovrastante. Pochi passi e si arriva al mastio, il torrione principale dove risiedeva la guarnigione mi­litare. Il pianterreno si compone di due stanze, con soffitti a volta. Sotto il pavimento dovrebbe trovarsi una cisterna per il rifornimen­to idrico. Una ripida scala di legno conduce ad una serie di locali senza arredi e illuminati da piccole feritoie. Ancora una rampa di scale e si entra in una sala spoglia. Interessante da notare è il cave­dio, cioè un’apertura che collegava acusticamente i piani del mastio. Ben conservati e di sicuro impatto emotivo sono i camminamenti che seguono l’andamento delle mura e i torrioni. Da una piccola porta con caditoie, posta di fronte all’accesso principale della rocca, si entra nel giardino dei lecci, simbolo della città. Il parco sorge nel grande bastione di San Giovanni, voluto da Cosimo I de’ Medici per rafforzare la fortezza nel punto più debole, a sud-ovest. Una grande arme in marmo è colloca­ta sullo sperone del bastione. Insieme agli altri quattro stemmi dei Medici distribuiti per la città, essa testimonia l’egemonia della po­tente famiglia fiorentina. Nel 1787, quando Pietro Leopoldo, Gran­duca illuminato, vietò le sepolture all’interno delle chiese e dispose che i cimiteri fossero fuori dalle mura, per Montalcino venne scelto proprio il Bastione di San Giovanni. Dal 21 luglio 1787 fino alla co­struzione dell’attuale camposanto, i morti ilcinesi furono seppelliti nella fortezza.

MUSEI DI MONTALCINO

La struttura museale, che riunisce due entità museografiche, il Mu­seo Civico e il Museo Diocesano, trova spazio dal 1997 negli anti­chi locali dell’ex convento di Sant’Agostino. Il Museo Civico si era formato alla fine del secolo scorso, raggruppando opere provenien­ti dalla chiesa di San Francesco e dall’antico Palazzo Comunale. Venne ristrutturato ed inaugurato nel 1958. Il Museo Diocesano, avendo reso permanente il cospicuo patrimonio artistico raccolto per la Mostra di Arte Sacra, tenutasi a Montalcino nel 1925, fu defi­nitivamente inaugurato nel 1953. Proble­mi di conservazione delle opere, necessità di rispettare nuovi criteri museografici, esigenze di ampliare gli spazi espositivi, urgenza di ricoverarvi nuove opere pro­venienti da monumenti e luoghi di culto non più sicuri, suggerirono negli anni ’80 del secolo scorso la generale ristruttura­zione dei musei unificati. Il Museo Civico e Diocesano di Montalcino è uno dei più importanti musei d’arte medievale e mo­derna della Provincia di Siena e fa parte della Fondazione Musei Senesi. Collocato su tre piani, conta 12 sale aperte al pub­blico contenenti quasi 200 opere d’arte, divise in sculture, tavole e tele dipinte, affreschi, paramenti sacri, codici miniati, ceramiche, oreficeria ed arredi sacri. La collezione offre una panoramica ampia ed organica della produzio­ne artistica senese, dal medioevo al novecento storico. Un trittico ed un polittico documentano che l’influenza del grande caposcuola Duccio di Buoninsegna fu molto avvertita, anche quando persona­lità del calibro di Simone Martini e dei fratelli Pietro ed Ambrogio Lorenzetti mostravano più moderne soluzioni. Un san Pietro ed un san Paolo si dichiarano dell’ultima maniera di Ambrogio Lo­renzetti. La generazione che superò la Peste Nera del 1348 è rappresentata da Luca di Tommè in una bellissima Ma­donna col Bambino e dal “Maestro di Panzano” in una Ma­donna col Bambino e santi ed in modo particolare dal grande Bartolo di Fredi che svolse un’intensa attività per le chiese di Montalcino. Spicca indiscusso il suo complesso e gran­dioso polittico dedicato all’Incoronazione della Vergine ed alle storie della sua vita. Quest’opera, firmata e datata 1388, viene per la prima volta ricomposta, riunendo tavole del museo ilcinese con tavole che dall’Ottocento erano state trasferite presso l’Accademia delle Belle Arti di Siena. Anche l’arte tardo-gotica è ben rappresentata da una raffinata Madon­na col Bambino e angeli di Sano di Pietro. Per il Cinquecen­to, i modi del Sodoma sono riconoscibili in una raffinata Crocifissione di Giovanni di Lorenzo e una Madonna della Misericordia del sangimignanese Vincenzo Tamagni rivela qualche riflesso della maniera di Raffaello, mentre la biz­zarria e la grazia del Beccafumi si ritrovano in una grande tavola raffigurante la Sacra Famiglia con san Francesco del suo più bravo allievo Marco Pino. Sempre per il Cinquecento da segnalare un bellissimo gruppo di sculture robbiane: San Sebastiano; pala d’altare con Madonna, Bambino e santi e una deliziosa ghirlanda, opere di Andrea della Robbia e bottega. Di particolare importanza per il Museo è il cospi­cuo nucleo di scultura lignea policroma, considerato uno dei più importanti d’Italia. I modi forti ed espressivi di Gio­vanni Pisano si riflettono in una Madonna col Bambino, un piccolo Crocifisso dai tratti sottili ed eleganti si dimostra come un prodotto di Giovanni d’Agostino, grande scultore ed architetto del Duomo di Siena, che nelle sculture seppe tradurre le sofisticate figurazioni di Simone Martini. Attestano l’alto livello dei maestri senesi di le­gname della seconda metà del 1300, due gruppi dell’Annunciazione ed alcuni crocifissi. La stagione della scultura tardo-gotica è invece rappresentata da un San Giovanni Battista dell’orafo-scultore senese Giovanni di Turino, che si dimostrò un fedele seguace del fiorenti­no Lorenzo Ghiberti, nonché due figure intagliate di Francesco di Valdambrino: un’imponente San Pietro ed un tenero crocifisso che segna l’apice di questo gentile e raffinato scultore, amico e collabo­ratore di Jacopo della Quercia. Altri dipinti e sculture documentano la produzione del XVI e XVII sec. Il museo conserva anche un’ec­cezionale collezione di quarantanove boccali, un albarello ed una giara in maiolica arcaica, prodotti localmente fra la fine del 1200 e gli inizi del 1300, una raccolta di paramenti sacri e di orefice­ria dal XVI al XVIII sec. e codici finemente miniati: due volumi della Bibbia Atlantica che sembra provenire - anche se senza fon­damento documentario - dall’abbazia di Sant’Antimo e due Antifonari (XIV - XV sec.). In due quadri d’inizio ‘900, l’Approdo dei Missionari fra gli indigeni del Rio delle Amazzoni e la Vaccinazione nella campagna senese, il pit­tore e fotografo Arturo Luciani, illustre cittadino mon­talcinese, seppe coniugare la lezione dei puristi Luigi Mussini ed Alessandro Franchi con il realismo dei Macchiaioli. Infine, anche se non per ultima come valore, merita di essere citata tra le opere d’arte conservate in questo bellissimo ‘contenitore’, una croce dipinta, della fine del XII secolo, reliquia rarissima nel ter­ritorio senese, proveniente dall’abbazia di Sant’Antimo.

Fa parte del Museo la Sezione Archeologica.  Il territorio di Montalcino risulta abitato fin dall’età Paleolitica e Neolitica, come attesta il ritrovamento di una ‘Industria Litica’ che ha conservato oltre duemila utensili in pietra. L’Età del Bronzo è presente con un villaggio (II millennio a. C.), dotato di ripari per le capanne ed una grotta sepolcrale. Regolari scavi hanno restituito interessanti reperti ceramici, vasellame da mensa e da cucina fi­nemente decorati. La successiva Età del Ferro ha lasciato tracce di castellieri protostorici e sporadiche presenze attestanti la vita sino alla civiltà villanoviana. La civiltà etrusca ha costellato il territorio di semplici tombe a camera; dai corredi funebri sono state recupe­rate ceramiche, anche in bucchero, utensili e ornamenti. I romani, subentrati agli etruschi, hanno lasciato, non solo nel territorio, ma anche nell’attuale centro storico resti di abitazioni, di sepolture e testimonianze di vita. Il consistente patrimonio archeologico, recu­perato anche grazie ad una costante attività di volontariato, è con­servato nella sezione archeologica del Museo Civico e Diocesano. Questa sezione già preesistente dal 1958 era originariamente ubi­cata all’interno del nuovo Palazzo Comunale in piazza Cavour. Il museo, all’interno del quale si può ripercorrere la storia archeologi­ca del territorio di Montalcino dalla preistoria al periodo etrusco e romano fino al Medioevo, accoglie una raccolta di utensili in pietra, tra cui le pietre del Castelliere preistorico italico del colle Poggio Castellare, urne in pietra e vari reperti del deposito preistorico di Castelnuovo dell’Abate (punte di freccia, bulini, raschiatoi). Fanno parte della collezione anche le ossa di un deposito sepolcrale dell’età del Bronzo. Ricchi e numerosi i reperti del periodo etrusco (ciotole, orioli, anfore) provenienti da ritrovamenti in varie località intorno Montalcino, tra cui Poggio della Civitella e da tom­be rinvenute nella zona. Tra queste l’intero corredo della Tomba detta Fossa del Tesoro di Sant’Angelo in Colle ed alcuni arredi della Buca di Sant’Antimo del IV – III sec a. C. (orecchini, fuseruole, strigili, ciotole, affilatoi). Inoltre si potranno ammirare reperti del periodo romano ed anfore in terracotta del periodo barbarico (VI-VII sec.).

Fa parte del complesso museale il Tempio del brunello, un percorso immersivo ed  emozionale alla scoperta del Brunello, re dei vini e del territorio di Montalcino. L’esperienza comincia da InChiostro, dove una postazione con visori di realtà virtuale chiamata InVolo consentirà di immergersi fra ville, castelli, vigneti e i piccoli paesi del vasto territorio comunale. Passando nel chiostro scoperto, si scende in un ambiente ipogeo dove attraverso video immersivi si svelano i quattro pilastri fondanti che hanno reso il Brunello unico. Si passa poi fra le voci del Brunello, interviste ai personaggi che hanno reso il Brunello un mito.  Nel quadro divino il visitatore è invitato a lasciare il proprio segno attraverso la ‘palette cromatica’ dei colori di Montalcino. In Calix saranno presentati capolavori artistici, espressione dell’ispirazione e del lavoro creativo che la terra di Montalcino ha saputo infondere nell’uomo. (ft. Opera)

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Modalità d'accesso

  • Ingresso accessibile
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Indirizzo

Via Ricasoli, 54, 53024 Montalcino SI, Italia
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Punti di contatto

Telefono : 057780441

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